Formare per innovare

Innovazione e cultura digitale
Cefriel è un centro di innovazione digitale che crea prodotti, servizi e processi digitali, partecipa a programmi di ricerca nazionali e internazionali, e sviluppa le competenze e la cultura digitali. È un team multidisciplinare di oltre 130 persone fondato nel 1988 dal Politecnico di Milano, che oggi include tra i soci anche diverse altre università e aziende multinazionali.

L’imperativo dell’innovazione

L’innovazione si realizza con modalità molto diversificate. C’è chi fa innovazione statica o difensiva, quella che serve per evitare di essere messi fuori mercato; chi invece fa innovazione per acquisire un valore aggiunto e un reale differenziale competitivo. Infine, ci sono quelli, pochi, che agiscono con l’obiettivo di fare “disruption” per introdurre iniziative di business radicalmente nuove. Di fatto, da qualsiasi prospettiva la si guardi, innovare è obbligatorio. Chi non lo fa rischia di perdere rilevanza. In questo scenario, la formazione è fondamentale per conoscere prima di tutto le opportunità delle tecnologie digitali. IoT, Internet delle cose, e AI, intelligenza artificiale, sono certamente tra le tecnologie e i trend di mercato più discussi e promettenti del momento. Attraverso l’IoT siamo in grado di “mettere intelligenza” ovunque, in qualunque dispositivo o componente dello spazio fisico che ci circonda. Grazie all’AI, siamo in grado di svolgere elaborazioni molto sofisticate che valorizzano, sfruttano e integrano una molteplicità di tecniche e metodi sviluppati sin dalla nascita dell’informatica in diversi settori scientifici: dalla statistica alla ricerca operativa, dalle reti neurali agli algoritmi di analisi dei Big Data. Queste tecnologie si integrano nella “catena del valore del dato”, cioè il processo attraverso il quale si è in grado di estrarre valore dai dati di uno specifico dominio o contesto applicativo.
Ma conoscere le opportunità non basta. Le tecnologie necessitano di essere adottate con adeguate metodologie di innovazione: disegno delle strategie di innovazione e servitizzazione, metodi di corretta execution, disegno di nuovi modelli di business e nuovi servizi, nuove modalità di lavoro agili, project management secondo gli standard internazionali, open innovation, e così via.

Le persone come protagoniste della trasformazione digitale

Dall’interazione costante con le imprese che innovano, emerge con forza la necessità di sviluppare sia le competenze verticali che una cultura multidisciplinare.
Le competenze verticali sono fondamentali: la complessità dei problemi richiede competenze specifiche e approfondite che vanno costantemente aggiornate. Le tecnologie non sono infatti una commodity, sono complicate e richiedono conoscenze che tendono a usurarsi nel tempo. Per affrontare la sfida del digitale e sviluppare persone coerenti con la domanda del mercato, è necessario progettare percorsi formativi multidisciplinari. Ecco la vera sfida: essere capaci di creare ambienti collaborativi dove integrare persone con la più alta specializzazione, apertura mentale e disponibilità al confronto, capacità di dialogo e di interazione, predisposizione al cambiamento.
Per fare un esempio, i data scientist, che sono una delle figure più ricercate, devono essere specializzati verticalmente ma anche in grado di interagire con il business e con le altre specializzazioni tecniche, di lavorare in maniera agile, di coinvolgere le persone nei processi di cambiamento dei comportamenti per l’adozione di nuovi processi decisionali basati sui dati.
Ma oltre la formazione, c’è bisogno di promuovere una cultura del digitale allineata alle sfide che abbiamo di fronte a noi. Ciò richiede una incessante opera di informazione e formazione per i professionisti, un investimento delle imprese che innalzi il livello di conoscenza del ruolo delle moderne tecnologie digitali in tutti i processi e per tutti i lavoratori, dai “blue collar” ai dirigenti aziendali. Occorre pensare alla formazione come a un processo continuo che deve accompagnare tutta la vita della persona. Il motivo è che una persona che entra nel mondo lavoro vi resterà per almeno 40 anni.
All’impresa deve interessare avere persone con una formazione di base forte e capaci di evolvere e imparare continuamente, progettando quindi una long-term employability.